lunedì 16 aprile 2012

Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sull’antisemitismo - Parte III

 
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Per approfondire il tema della diffusione del pregiudizio antisemita tra i giovani, il 16
novembre 2010, il Comitato ha audito Alessandro Cavalli e Enzo Risso, presidente e direttore dell'Istituto Ricerche politiche e socioeconomiche (IARD), che hanno illustrato i risultati di un'indagine svolta per conto dell'Osservatorio sui fenomeni di xenofobia e razzismo, istituito nella presente legislatura presso la Camera dei deputati.
Dall'analisi dei dati risulta l’elemento molto rilevante che il 22 per cento di giovani tra i 18 e i 29 anni manifesta ostilità nei confronti degli ebrei, con dati superiori alla media per quanto riguarda i maschi, i residenti nell'Italia del Nord, i giovani che hanno un livello di istruzione inferiore, i soggetti che si sentono territorialmente radicati e quelli che si percepiscono esclusi dalla società.
È stato in ogni caso osservato che gli ebrei non sono attualmente la minoranza nei cui
confronti si manifestano le forme più crude di intolleranza. E’ stato quindi ribadito il nesso tra intolleranza e antisemitismo. Come ulteriore momento di riflessione sulle dinamiche nel mondo giovanile, il 27 gennaio 2011, si è tenuta l'audizione del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Mariastella Gelmini, che ha illustrato le numerose iniziative in atto nella scuola italiana per la conservazione della memoria storica e la formazione dei ragazzi alla lotta contro l’antisemitismo, nelle sue più diverse e insidiose manifestazioni. Richiamando un ordine del giorno accolto dal Governo in occasione dell’approvazione della riforma universitaria, ha espresso preoccupazione per le iniziative ed appelli al boicottaggio delle università e degli accademici israeliani da parte delle università italiane.
Nel corso dell’audizione si è nuovamente focalizzata l'attenzione sul fatto che, in
particolare attraverso i social network, si stia sviluppando un nuovo tipo di antisemitismo, meno apertamente razzista e per tale motivo più subdolo. Nel corso del dibattito si è anche proposto che gli insegnanti siano formati a spiegare, oltre che la Shoah e la religione ebraica, anche la storia dello Stato di Israele e del sionismo al fine di fornire adeguati strumenti di interpretazione della realtà alle giovani generazioni.

Il rabbino Andrew Baker, Rappresentante personale della Presidenza dell’OSCE per il
contrasto all’antisemitismo, nonché delegato del Governo americano alla prima Conferenza
dell’OSCE sull’antisemitismo, è stato audito il 4 maggio 2011. E opportuno richiamare in questa sede che l’OSCE, agenzia specializzata sui temi della sicurezza e della cooperazione, si contraddistingue per un approccio globale a tali tematiche, approccio che include i temi dei diritti umani, della tutela delle minoranze e della democratizzazione. In quest’ottica l’Organizzazione, in reazione alla ripresa dell’antisemitismo in Europa registrato a partire dal 2002, ha indetto nel 2003 a Vienna una Conferenza su tale argomento. Nel 2004 si è quindi tenuta la Conferenza di follow-up, svoltasi a Berlino e che ha visto la partecipazione della maggior parte dei Governi dei Paesi OSCE e che ha avuto per esito anche l'istituzione della figura del Rappresentante personale della Presidenza,
con responsabilità nel campo dell’antisemitismo oltre che nel campo della lotta alla discriminazione contro i musulmani, i cristiani e in generale all’intolleranza religiosa. In tale occasione è stata approvata la Dichiarazione di Berlino, nella quale si è affermato esplicitamente che l’antisemitismo ha assunto nuove forme e nuove manifestazioni, e che è in atto un processo di demonizzazione di Israele teso a mettere in dubbio la sua legittimità. Nel marzo del 2011 si è tenuto a Praga un incontro sull’antisemitismo nella dialettica pubblica in cui è emerso che anche quando la leadership politica riconosce come inaccettabili i discorsi antisemiti non vi è sufficiente azione di contrasto e che i media sono protagonisti nella diffusione dei messaggi negativi.
Baker ha inizialmente fornito una breve ricostruzione storica dello sviluppo delle nuove
forme di antisemitismo nell'ultimo decennio, a partire dal fallimento del processo di pace in Medio Oriente e dagli esiti della Conferenza di Durban del 2001. In conseguenza di ciò le comunità ebraiche in diversi Paesi occidentali per la prima volta hanno affrontato una situazione di insicurezza derivante da aggressioni fisiche, ma soprattutto da un nuovo clima culturale. Anche l'impegno per ottenere la restituzione dei beni confiscati dal regime nazista o nazionalizzati dai regimi comunisti ha provocato reazioni antisemite nell’incertezza dei governi circa il modo di farvi fronte.
Nel corso dell'audizione è stato ampiamente trattato il tema, più volte affrontato, della definizione dell'antisemitismo, in particolare quando entrano in gioco valutazioni sulle politiche dello Stato d'Israele.
In proposito, in risposta ad una domanda dell’on. Corsini, Baker ha osservato che occorre essere molto cauti nell’etichettare un discorso come antisemita e lasciare un ampio
spazio alla critica, anche aspra. Ma vi sono posizioni, quali il negare il diritto di esistere ad Israele, in cui si supera una linea che è forse difficile da definire in maniera precisa ma che appare evidente nel momento in cui la si travalica.
La conoscenza degli ebrei, secondo il relatore, non proviene principalmente da fonti dirette, ma dai media, che svolgono quindi un ruolo cruciale. In proposito è stato osservato che rispetto ad interventi normativi, appare più agevole la definizione di buone pratiche, incoraggiando, ad esempio, i provider a monitorare e vagliare meglio quello che viene diffuso attraverso i loro server e oscurare quei siti che sono veicoli di espressione brutale di odio.
Più in generale si deve reagire rapidamente a ogni manifestazione di antisemitismo, renderlo un tabù, qualcosa che non ha diritto di cittadinanza nella dialettica pubblica. In questo campo vi è spazio per l'azione parlamentare.
L'intervento del Ministro della gioventù, Giorgia Meloni, audita il 18 maggio 2011, è partito
dalla constatazione che in Italia l'antisemitismo si manifesta raramente in maniera violenta ma si appalesa piuttosto come un fenomeno culturale che deve essere contrastato sullo stesso piano. Ha quindi illustrato le azioni che il Ministero ha portato avanti per diffondere conoscenza come chiave per combattere qualunque forma di odio razziale e soprattutto quella dell'antisemitismo.
Rispetto ai nuovi strumenti di comunicazione ha osservato come essi si possano utilizzare in positivo, per fare “controinformazione”, piuttosto che subirne solo l'utilizzo negativo, esprimendo invece perplessità verso l'efficacia di soluzioni normative. A suo avviso occorre, quindi, promuovere la formazione di giovani adeguatamente sensibilizzati a combattere le espressioni di razzismo e antisemitismo in rete per evitare che prevalgano le opinioni di una minoranza "rumorosa".

Con l'audizione del professor Gert Weisskirchen, membro del Comitato direttivo
dell’Interparliamentary Coalition for Combating Antisemitism (ICCA), già rappresentante
personale della Presidenza dell’OSCE per il contrasto all’antisemitismo, svolta il 15 giugno 2011, vi è stata un’apertura dei lavori dell'indagine all’attualità internazionale: si è ampliato il quadro alle rivoluzioni in corso in molta parte del mondo arabo, sottolineando i rischi di un’insorgenza integralista islamica che possa ritorcersi contro gli ebrei. Riguardo alla cosiddetta primavera araba si è osservato che occorre dare aiuto alle forze che lottano per la democrazia, condizionando l'assistenza economica e istituzionale al rispetto dei diritti umani e alla promozione di una soluzione pacifica del conflitto mediorientale. Si sono ribadite le preoccupazioni per lo sviluppo di grandi movimenti antisemiti in Ungheria e in altri Stati europei, che si sono istituzionalizzati in partiti non marginali nello scenario politico dei rispettivi Paesi.

L’ultima audizione dell’indagine è stata quella del Ministro dell’interno, Roberto Maroni,
svoltasi il 26 luglio 2011, il cui intervento si è concentrato sull'attività degli organismi preposti alla prevenzione e all’azione di contrasto anche in relazione ai nuovi mezzi di diffusione dell'antisemitismo attraverso le reti informatiche.
Assicurando la massima attenzione delle forze di polizia nei confronti di ogni manifestazione di intolleranza o di discriminazione razziale, etnica o religiosa il Ministro ha segnalato l'importanza dell'istituzione, nel settembre del 2010, dell’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD), presieduto dal vicecapo della polizia, con il compito di monitorare e analizzare tutte le informazioni relative ad atti discriminatori commessi nei confronti di soggetti a causa delle loro origini etniche o del credo religioso, nonché di elaborare le relative strategie di intervento sul piano locale e provvedere ad agevolare la presentazione di denunce. È stato inoltre stipulato un protocollo di intesa tra l’OSCAD e l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (l’UNAR), istituito presso il Dipartimento delle pari opportunità, con lo scopo di definire le modalità di scambio informativo nella trattazione dei casi di discriminazione posti all'attenzione delle parti, e cioè l’invio reciproco dei casi aventi o meno rilevanza penale.
Il Ministro Maroni ha comunque evidenziato che, a differenza di altri Paesi europei, l'Italia
non deve fare i conti con frequenti episodi di intolleranza antiebraica o contro lo Stato di Israele, ricordando in proposito il pacifico svolgimento della manifestazione Unexpected Israel, svoltasi nel mese di giugno 2011 in piazza Duomo a Milano.
Confermando il massimo impegno profuso contro la diffusione della propaganda antisemita
sul web ha condiviso l'auspicio di una rapida sottoscrizione da parte dell’Italia del Protocollo
addizionale alla Convenzione di Budapest. Sul piano operativo il Ministro ha ricordato che vi sono difficoltà e resistenze da parte dei gestori dei social network a provvedere alla rimozione di contenuti discriminatori sulla base della semplice segnalazione della Polizia postale. Di conseguenza, la Polizia postale provvede al monitoraggio dei siti e segnala i vari casi all'autorità giudiziaria, che, a sua volta, emana provvedimenti di natura giurisdizionale che consegna ai gestori dei siti. Questi ultimi, specie se aventi sede all’estero, non sono obbligati al rispetto del provvedimento, ma generalmente lo eseguono.
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